Notizie

ATTUALITÀ: Corso di introduzione alla geopolitica: primo appuntamento

04/02/2024 - Al via ieri, sei febbraio 2024, la prima lezione del PCTO, Corso di Introduzione alla Geopolitica, frutto del protocollo d’intesa tra la Regione del Veneto, l’Ufficio Scolastico Regionale e M9 - Museo del Novecento. Esecutore del progetto è Mazzanti Libri attraverso la sua rivista di affari internazionali Atlantis, in collaborazione con il Circolo di Studi Diplomatici di Roma, il Consiglio d’Europa e Confindustria Veneto.
“Un bell’esempio di sinergia pubblico e privato” ha detto nel saluto iniziale agli studenti collegati on line, Prof. Marco Bussetti, Direttore dell’Ufficio scolastico Regionale e già Ministro dell’Istruzione e del Merito.
La lezione d’esordio, Fondamenti di storia delle organizzazioni internazionali, è stata tenuta dall’Ambasciatore Maurizio Melani, che riprenderà i tema nel secondo appuntamento previsto per martedì 20 febbraio. Il secondo di 12 appuntamenti che vedranno in cattedra esperti di alcuni settori che la geopolitica coinvolge, tra i quali: relazioni internazionali, diritto, economia, informazione.
Lo scopo del progetto, unico nel panorama nazionale e per questo fiore all’occhiello del Veneto, è quello di avvicinare gli studenti delle scuole superiori ai grandi e complessi temi di geopolitica allo scopo di comprendere la situazione attuale per “sapersi muovere nel mondo”, come ha sottolineato la Prof.ssa Serena Bertolucci, Direttrice M9 - Museo del Novecento e come ha ribadito l’Assessore regionale, Dott.ssa Elena Donazzan, “Perché tutto è determinato oggi da scenari internazionali e questo corso è quanto di più utile per rafforzare la consapevolezza per i nostri studenti di essere spiriti critici”.

Agata Lucchetta

VENEZIA LUOGO DI RIFLESSIONE GEOPOLITICA EUROPEA PER AFFRONTARE UN MONDO IN TRAS

 

L’Ufficio del Consiglio Europea a Venezia è l’unica sede italiana di questa importante Istituzione europea. Da due anni, in collaborazione con la RAI del Veneto e altre testate giornalistiche indipendenti, organizza dei focus per affrontare alcuni argomenti di particolare rilevanza ed attualità nell’ambito delle politiche europee. Vista la storica propensione di Venezia per le relazioni diplomatiche - che potrebbe essere attualizzata anche per darle un ruolo di primaria importanza nell’ambito della cultura politica internazionale - un progetto ambizioso ma non irrealizzabile potrebbe essere quello di farla divenire il laboratorio della geopolitica europea.

Proprio l’ultimo incontro che si è svolto nel prestigioso Palazzo Labia, sede regionale della Rai, dal titolo  “Europa e le relazioni transatlantiche: un punto di svolta?”, promossa dall'Ufficio Italiano del Consiglio d'Europa a Venezia, la Rivista di Affari Internazionali ATLANTIS, RAI Veneto e l’Ufficio Europe Direct del Comune di Venezia, ha posto le basi e i presupposti per rendere l’iniziativa più articolata e propositiva nel tempo.

L’evento che è inserito all’interno della VII edizione della Festa dell’Europa, ha sottolineato molti punti sui ruoli svolti dal Consiglio d’Europa e l’Unione Europea, due istituzioni europee differenti ma con valori comuni.

Alla conferenza, un importante panel di relatori composto dal Direttore di RAI Veneto Giovanni de Luca; la Direttrice dell'Ufficio di Venezia del Consiglio d'Europa Luisella Pavan-Woolfe; il  Vice Presidente e Delegato per la Confederazione Generale dell'Industria Italiana a Vicenza Remo Pedon; il già Ambasciatore a Washington e Console Generale a New York Giorgio Radicati e il Comandante dell'Istituto di Studi Marittimi Militari Andrea Romani, hanno approfondito il tema delle relazioni tra USA, Unione Europea e Italia, con particolare attenzione al ruolo svolto dal Consiglio d'Europa ed dalla Nato, sotto il profilo economico, dei media, militare e diplomatico.

L’evento è stato moderato dal Caporedattore Rai Veneto Giovanni Stefani e dal Direttore della rivista di affari esteri Atlantis Carlo Mazzanti.

Il rapporto tra Europa e Stati Uniti ha dimostrato di essere posto su basi solide nonostante alcune fluttuazioni fisiologiche avvenute durante il susseguirsi di alcune amministrazioni. Abbiamo una più chiara comprensione di questo aspetto, quando notiamo che gli Stati Uniti e l'Europa rimangono il più importante partenariato economico bilaterale del mondo. D’altra parte, solo continuando a costruire un'Europa più unita e collaborativa si potrà continuare ad essere protagonisti nello scenario mondiale, poiché la globalizzazione e i nuovi scenari internazionali richiedono risposte complesse a cui gli stati nazionali non sono più in grado di poter far fronte da soli. Tuttavia, al di là delle riflessioni su quest’aspetto peculiare, la maggior parte dei relatori ha convenuto su quanto sottolineato di recente dal neo presidente del Parlamento europeo l’italiano Sassoli: l’Unione europea è davanti a cinque anni fondamentali e gli europei devono trovare il coraggio di compiere scelte decisive. Non facili ma strategiche. Proprio perché gli assetti e gli equilibri mondiali sono profondamente mutati. Perché, dunque, già dal prossimo 2020, non portare a Venezia, un tavolo di discussione aperto al mondo della diplomazia, dell’accademia, del giornalismo, della sicurezza, affinché le istituzioni politiche possano trarne i migliori tratti per compiere scelte consapevoli e condivise?

 

Focus: Le relazioni transatlantiche oggi

Si svolgerà giovedì 16 maggio 2019 alle ore 17,45, alla sede Rai del Veneto a Palazzo Labia Venezia, il focus sugli attuali rapporti tra Stati Uniti d'America, Unione Europea e Italia, organizzato dalla nostra rivista Atlantis in collaborazione con la sed Rai del veneto e l'Ufficio italiano del Consiglio d'Europa. 

 

Accordo quadro Atlantis Mazzanti Libri - Circolo di Studi Diplomatici

Importante accordo tra il Circolo di Studi Diplomatici con sede a Roma e Atlantis. L'intesa di collaborazione si estenderà a numerose collaborazioni nell'ambito di collane editoriali librarie sotto l'egida di Mazzanti Libri di Venezia.

Il Circolo di Studi Diplomatici è stato fondato nel 1968 ad iniziativa di un ristretto gruppo di Ambasciatori a riposo con l’obiettivo di non disperdere le esperienze e le competenze dei vertici della carriera diplomatica italiana anche dopo la loro cessazione dal servizio attivo.

Nella sua ormai più che quarantennale esistenza, il Circolo si è costantemente rinnovato ed ampliato attraverso la cooptazione dei funzionari diplomatici giunti all’apice della carriera nello svolgimento di incarichi di alta responsabilità a Roma ed all’estero. Grazie al livello particolarmente elevato di competenze e di professionalità di cui dispone, il Circolo di Studi Diplomatici si è affermato come il punto di riferimento dell’eccellenza della tradizione diplomatica italiana nella sua vocazione a contribuire al dibattito sui temi delle relazioni internazionali e della proiezione di politica estera dell’Italia.

I soci del Circolo (attualmente circa 50), con una tradizione mai interrotta, si riuniscono regolarmente ogni settimana per un libero confronto sui vari temi di politica internazionale di attualità, approfondendoli nel corso di ampi ed articolati dibattiti. Le analisi così compiute costituiscono la base delle “Lettere Diplomatiche” pubblicate con cadenza quindicinale e redatte volta per volta da un Ambasciatore membro del Circolo a commento degli avvenimenti di politica internazionale di maggior momento e interesse per l’Italia. I dibattiti e le analisi di maggiore ampiezza ed approfondimento costituiscono invece l’oggetto dei “Dialoghi Diplomatici” che vengono redatti a seguito di specifiche tavole rotonde/convegni dei quali raccolgono gli interventi sia di membri del Circolo che di personalità esterne invitate a prendere parte alle discussioni.

Accanto a questa intensa attività pubblicistica,il Circolo sviluppa una significativa proiezione esterna nel campo della formazione attraverso la partecipazione dei soci, in qualità di docenti, a Corsi di specializzazione post-universitaria e di preparazione alla carriera nel servizio diplomatico italiano e negli Organismi internazionali. Gli schemi delle lezioni tenute dai soci sono diffusi sotto la dizione di “ Quaderni di politica internazionale”.

 

PERCHÉ LA TURCHIA DIFENDE AL QAEDA?

PERCHÉ LA TURCHIA DIFENDE AL QAEDA?

di Francesco Ippoliti*

 

L’intervento della Turchia nel Nord della Siria è sempre stato sostenuto dal vertice turco come difesa dei confini contro la minaccia terroristica curda.

Invece i fatti dimostrano, al momento, che si tratta di una invasione della Siria e di uno spostamento di etnie al fine di favorire la sicurezza dei confini turchi. 

Infatti, sotto la veste di lotta al terrorismo, è stato giustificato l’intervento nella regione di Afrin che ha comportato la capitolazione delle forze curde di YPG e YPJ presenti ed un esodo di circa centomila persone della stessa etnia verso dei campi profughi nell’area di Aleppo, sotto un vago controllo governativo siriano. 

Nell’invasione della regione di Afrin, le principali forze schierate contro i curdi erano quelle regolari turche che hanno supportato, per il lavoro “sporco”, quelle jihadiste, quali le FSA (Free Syrian Army), le milizie legate ad al Qaeda (HTS – Hayat Tahrir al Sham) ed ulteriori gruppi armati sunniti integralisti. Nell’operazione, denominata “Olive Branch” (ramoscello d’ulivo), le forze jihadiste erano state schierate in territorio turco, lungo l’asse Kirikhan e Akbez, e da li sono entrate nel territorio curdo con direzione Afrin, milizie ben equipaggiate e con palese dimostrazione del supporto tecnico, finanziario e logistico fornito da Ankara.

Da fonti locali e fonti ufficiali turche, la maggior parte delle famiglie curde presenti sono state rimpiazzate da quelle di religione sunnita; oltre 162.000 siriani sono arrivati sia dai vari campi profughi presenti in Turchia che da veri e propri spostamenti etnici come quelli delle aree di Ghouta e Douma. 

Ma il solo controllo dell’area di Afrin, spogliata dalla presenza curda, non è ancora sufficiente per eliminare quella minaccia che i turchi continuano a considerare: cioè la continua presenza delle ben addestrate milizie curde ai loro confini meridionali. 

Per il raggiungimento di questo obiettivo Ankara pone in secondo piano ogni altro aspetto e considerazione di minaccia; fornisce il supporto quotidiano alle milizie estremiste islamiche che si riconoscono sotto la bandiera di al Qaeda, esaltate dall’alleanza turca ma destabilizzanti e inaffidabili per il loro credo e per gli obiettivi territoriali e fondamentalisti che si prefiggono. 

Con le recenti dichiarazioni del Presidente Trump sul il ritiro delle forze USA dalla Siria, il governo di Ankara ha sicuramente visto la possibilità di porre in essere i più volte paventati piani per la conquista dei territori settentrionali della Siria, lungo la direttrice Manbij, Ain Issa e Al Hasakah, e la cacciata definitiva delle forze curde dai confini turchi. 

Ankara non ha mai nascosto le mire di volere un territorio-cuscinetto al confine meridionale profondo almeno una quarantina di chilometri, retto da milizie fedeli e da una popolazione pro turca che possa un domani essere annessa. 

Per una immediata azione al pensiero del Presidente Trump, le Forze Armate turche hanno ammassato nell’area di Gaziantep numerose unità meccanizzate e corazzate, di provenienza anche dalle forze schierate nella Turchia europea. 

Parimenti, anche le forze ribelli sunnite hanno ammassato in area Qabasin, (area sotto controllo turco nel dispositivo Euphrates Shield) e Kobane numerose unità legate al Free Syrian Army, gruppi armati dai nomi incutono timore e minaccia, ma che in realtà sono solo un insieme di raggruppamenti più o meno numerosi di milizie dotate di mezzi leggeri per il movimento e di armi pesante montate. 

In particolare sono state schierate le unità come: la 1^ Legion, 3^ Legion,  Samarkan Brigade, al-Hamza Brigade, Ahrar al- Shariqiya, 9^ Brigade, al-Rahamn Corps, 13^ Division, 132^ Brigade, Muntasir Billah Brigade, Sullyman Shah Brigade, Fatih Sultan Mohmet, Jaysh al Sharqiyah, ed altre minori. 

Molti di essi hanno ricevuto, mediante numerosi convogli ferroviari, nuovi mezzi come SUV, pickup dotati di cannoni binati, equipaggiamento, supporto logistico ed anche armi pesanti.  

Di contro, lo spostamento di numerosi miliziani legati a FSA ha lasciato alquanto sguarnito l’area di Idlib, in mano alle forze alqaediste di HTS.

L’area di Idlib è una zona ove convivono le forze FSA e HTS, con i confini garantiti da vere e proprie FOB (Foward Operational Base) di forze regolari turche che si fronteggiano contro parimenti FOB russe ed iraniane, poste in territorio controllato dalle forze governative di Assad.

Quindi la sicurezza delle forze jihadiste è, di fatto, garantita dall’apparato governativo turco.

Nello scorso settembre, quando veniva paventata un’azione governativa siriana per la conquista di Idlib, Putin e Erdogan ebbero un meeting in Sochi per stabilire le condizioni per evitare un bagno di sangue. Una delle condizioni era la creazione di una buffer zone di 15-20 km tra le forze ribelli e quelle governative, ove era vietata la presenza di armi pesanti e di forze estremiste (proprio ad esempio HTS).

Condizioni che la Turchia non è mai riuscita ad assicurare o per mancanza di volontà o per incapacità di imporsi sulle forze islamiche estremiste.

Per evidenziare la totale non affidabilità delle forze jihadiste viene da sottolineare le recenti azioni delle milizie di al Qaeda di HTS che, a seguito del succitato spostamento delle unità del FSA, hanno condotto azioni per avere il controllo dell’area di Idlib.

In particolare HTS ha rafforzato la sua presenza prendendo il controllo di numerose località, considerate strategiche nella regione di Idlib.

HTS ha colpito con forza un altro gruppo/coalizione di ribelli , il NFL (National Front for Liberation), formato da oltre 10 fazioni  e da forze di altri gruppi jihadisti, tra cui Nur al-Din al-Zanki (o Zenki) e Ahrar al-Sham, riducendogli il controllo sul territorio (specie nella regione di Hama) e facendoli capitolare in numerosi villaggi.  Il NFL è una formazione che si avvale del supporto diretto da parte dell’apparato governativo e difensivo turco.

HTS ha ora un considerevole controllo della regione di Idlib, tale da poter influire sulle decisioni del Governo di Salvezza che amministra l’area.

Infatti, con la conquista di dozzine di villaggi, ora si valuta che HTS abbia il controllo di oltre il 80% della regione di Idlib, tale da essere l’ago della bilancia nelle decisioni governative.

Di recente HTS ha di fatto sciolto la polizia locale, istituita dal vecchio apparato governativo Governo Siriano ad Interim, costituito a Gaziantep (Turchia) nel 2012. La polizia è stata sostituita dalle milizie armate di HTS.

Inoltre, sempre nella regione di Idlib, sono sorti altri gruppi legati ad HTS ed al Qaeda, in particolare i “Guardiani della Religione”, gruppo che impone le legge coranica della sharia ed incita i “credenti” a combattere.

In sintesi, le milizie ben organizzate di HTS hanno ormai preso il controllo dell’area di Idlib, area garantita dall’apparto governativo turco.

HTS è guidato da Abu Muhammad al –Juliani (anche al-Jawlani), il primo ed unico emiro di al-Nusrah (con una taglia di 10 mln di dollari), che ha giurato fedeltà ad al Qaeda nel 2016. Al-Nusrah cambiò nome in Jabhat Fath al-Sham e, con altri gruppi, formò HTS agli inizi del 2017.

HTS è nelle liste dei gruppi terroristi sia dal Dipartimento di Stato USA che dalla Turchia che dalla Russia. 

HTS ha dimostrato di il proprio credo integralista islamico e destabilizzante nella regione siriana di Idlib, un credo che non potrà mai portare a colloqui di pace per il consolidamento della Siria.

La Turchia è quella nazione che ha il potere di incidere sulle decisioni della regione di idlib, in quanto sta agendo in essa come protettorato e come garante.

La questione è capire fino a quando Ankara potrà sopportare questo rapporto ambiguo con le milizie sunnite fedeli e quelle integraliste opportuniste. Fino a quando la Turchia potrà “non vedere” quello che accade alla popolazione di Idlib, sottomessa alla sharia, fino a quando “deve” provvedere al supporto logistico e finanziario delle milizie locali che inevitabilmente si rifanno ad al Queda e fino a quando potrà difendere l’indifendibile credo terroristico di HTS.

Solo la Turchia, stato membro della NATO, dotato di principi democratici, potrà uscire da quel fango che è il supporto diretto ed indiretto di al Qaeda, organizzazione terroristica internazionale che ha le mani sporche di sangue innocente e minaccia sia l’occidente che la stessa Turchia.

E non vi è rimasto molto tempo, dopodiché anche Ankara dovrà sottomettersi alle milizie di al Qaeda o combatterle in un bagno di sangue.

Gen. B (aus) EI