W&W (Noi e il Mondo)
Per una visione italiana della governance globale
Le origini dell’Unione Europea, senza considerare quelle antichissime greco – romane, si perdono nel corso dei secoli: il giurisperito francese Pierre Dubois, aveva ideato una proto confederazione di stati europei con a capo un consiglio saggi. Siamo tra la fine del XIII e l’inizio del XIV secolo. Saltando qualche secolo avanti, intellettuali come Jean Jacques Rousseau, Immanuel Kant, Henri de Saint-Simon, ipotizzarono un’Europa unita sulla base dei principi di fratellanza umana. Un diverso intendimento dell’unità europea è quello dell’Ancien Regime, basato su di una strategia legata agli intrecci di sangue regale per il controllo e il dominio dei principali Stati europei (cattolici). Dopo la cattiva fama procurata al termine democratico, causata dalla Rivoluzione Francese e al giacobinismo radicale, è la volta del tentativo autocratico napoleonico che, intorno alla seconda metà del XIX secolo, porta a un tentativo di costituire una Europa Unita prima dell’affermazione dei nazionalismi che mescolandosi al tentativo di difendere il vecchio sistema imperiale infilano il continente in due guerre mondiali. Nel secolo scorso, il XX, dopo la prima guerra mondiale, altri eminenti rappresentanti del mondo politico e intellettuale, a cominciare da Croce ed Einaudi, si occupano dell’argomento, ma anche questa volta vanamente. Soltanto dopo la conclusione del secondo conflitto, si aprì uno scenario fino ad allora mai esistito che consentì, a causa di contrasti, tensioni e opposizioni tra le due superpotenze vincitrici (USA da un lato e URSS dall’altro lato), la realizzazione di due blocchi contrapposti sia sul piano politico che su quello economico. Un aspetto rilevante sicuramente fu l’interesse degli USA a favorire le iniziative volte all’attuazione di una Europa Unita, in area occidentale, basata sulla libera iniziativa imprenditoriale e sull’economia di mercato. Anche sul piano militare, come si sa, i paesi dell’Europa occidentale, nel successivo 1949, si organizzarono, sotto l’egida degli USA, dando vita all’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord (OTAN, più conosciuta come NATO). Nello stesso anno venne istituito il Consiglio d’Europa con il precipuo fine di favorire una forma di collaborazione politica tra gli stati membri per la reciproca tutela. Qualche tempo dopo venne resa la cosiddetta “Dichiarazione Schuman dal nome del Ministro degli Esteri francese dell’epoca e in realtà frutto delle politiche volte all’unione economica europea e propugnate anche dalla Germania di Adenauer e dall’Italia di De Gasperi. Effettivamente, però, la proposta del Ministro francese tendente a mettere in comune le risorse del carbone e dell’acciaio delle nazioni del vecchio continente, ebbe i consensi, oltre che della Germania occidentale, dell’Italia, del Belgio, dell’Olanda e del Lussemburgo. Non vi aderì il Regno Unito, forse come autorevolmente sostenuto, nel timore di alterare gli equilibri all’interno del Commonwealth. Nacque la Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio meglio conosciuta come CECA, con decorrenza giuridica a partire dal 1952. Nel 1945 negli Stati Uniti d’America, in San Francisco, veniva convocata la conferenza per adottare lo Statuto dell’Organizzazione delle Nazioni Unite: l’ente a carattere mondiale sorto sulle ceneri della Società delle Nazioni. L’Italia, per note ragioni, non solo non risultava tra le nazioni invitate, ma era addirittura annoverata tra gli “Stati ex nemici”. Il cammino intrapreso dal chiaroveggente Alcide De Gasperi nel marzo del 1946, all’epoca Ministro degli Esteri e continuato dal suo successore Conte Sforza, si era concluso con l’opera del suo collega Gaetano Martino che aveva già progettato e gestito la Conferenza di Messina e che così commenterà l’ingresso dell’Italia nell’ONU. L’ingresso dell’Italia nel massimo consesso internazionale, consacra dal punto di vista giuridico una situazione di fatto in base alla quale l’Italia era partecipe delle più importanti attività dell’ONU pur non facendone formalmente parte. Nell’entrare nell’ONU, l’Italia, entra come in “un parlamento di popoli”. L’accelerazione verso una compiuta unità europea avviene soprattutto dopo la caduta del muro di Berlino. Gli anni ’90 e l’inizio del nuovo secolo sono passi avanti mai conosciuti prima. Il suggello è l’entrata in vigore dell’euro, il primo gennaio 2002 (circolazione monetaria). Tuttavia, i nuovi scenari geopolitici, in particolare le ondate di terrorismo derivate dalla situazione mediorientale, tutt’altro che sotto controllo, dopo vari interventi militari; le tensioni in alcune aree dell’Europa orientale (ieri Bosnia Erzegovina, Croazia, Serbia, Albania oggi soprattutto Ucraina) e il flusso migratorio proveniente dall’Africa e dalla Siria e zone circostanti, stanno rimettendo in discussione molte delle trame irrisolte sia a livello di governante europea che mondiale. L’Europa si trova ancora una volta al bivio di una scelta tra confederazione di Stati nazionali e Federazione compiuta. In questa chiave, i fatti hanno dimostrato che l’attuale Unione è sbilanciata da una germanocentricità imbarazzante. Davanti allo strapotere economico e politico della Germania e dei suoi paesi satellite, la Francia ha cercato uno sbocco strategico neocoloniale e la Russia tenta di esercitare un’influenza panslavista mai sopita e costruita su di una supposta ricostituzione di un impero romano d’oriente (peraltro avversato da una Turchia sia islamica sia laica). La Gran Bretagna, finita la sua supremazia da secolo XIX, non ha smantellato il sistema del Commonwealth. La borsa di Londra è pur sempre la seconda borsa mondiale dopo Wall Street. Dal punto di vista non europeo ma mondiale, la Russia è il primo paese a rivendicare le norme elementari delle relazioni internazionali che prevedono che nessuno Stato possa occuparsi di affari interni di altri Stati (in questo modo tentando di sottrarsi a critiche sul proprio regime autarchico). Attori come Cina, India, Brasile non stanno a guardare mentre il Giappone combatte la sua continua crisi economica senza uscire mai dall’ambito della fedele alleanza con gli Stati Uniti e i Paesi occidentali. Bisticci sulle politiche delle migrazioni, politiche energetiche divergenti, mancanza di coordinamento delle intelligence europee, mancata adozione di un esercito unico europeo insieme alla non volontà di tutte le altre politiche unitarie (bancarie, fiscali, di bilancio) non chiariscono il quadro di governante democratica europea. L’Europa unita finirà con il 2019, anno di scadenza di Mario Draghi a capo della Bce? Un successore tedesco potrebbe essere il colpo di grazia definitivo, ed è un rischio già corso prima della nomina del professore italiano. Sempre dal punto di vista italiano, il momento non è dei più facili: alle porte il referendum del prossimo ottobre sulla riforma costituzionale del Governo Renzi, un sistema delle autonomie regionali che sembra avere partorito la peggiore delle classi dirigenti politiche locali possibili e un sistema industriale e produttivo che dopo il nuovo assetto italo americano di Fiat – Fca (indebitata solo sul fronte italiano con quattro miliardi di euro e alla ricerca di nuove alleanze) si regge soltanto sulle aziende pubbliche. La fine del 2016 porterà un nuovo presidente alla casa Bianca e il 2017, le elezioni in Germania (e non solo). Come si vede, la nostra finestra sul mondo, ci fa vedere più interrogativi che prospettive. A proposito, cosa farà l’Onu da grande?